Ansia: Nuove Cure Efficaci - L'ACT nella Cura dell'Ansia - Dr Gaspare Costa - 340/7852422 - Psicologo - Psicoterapeuta

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L'Ansia e la Salute
Disturbi d'Ansia: Nuovi Approcci Psicoterapici

a cura del Dr Gaspare Costa

Che cosa è L'ACT ( Accptance and Commitment Therapy)?

L’ACT ( Accptance and Commitment Therapy) si colloca all’interno di quella che viene definita la terza generazione della Psicoterapia cognitivo comportamentale.  La filosofia alla base dell’ ACT  consiste nel ritenere che si può vivere una vita piena e soddisfacente nonostante la presenza di pensieri ed emozioni spiacevoli. L'obiettivo principale dell’ ACT è quello di aiutare  le persone ad agire in modo efficace, incrementando la flessibilità psicologica, nonostante la presenza di esperienze private avversive. L'acronimo ACT è stato anche utilizzato  per descrivere quello che avviene in terapia: accettare la sofferenza, scegliere la direzione dei valori, e impegnarsi nel perseguimento di comportamenti utili.

Hayes  (Hayes et al, 1999) descrive i  sei processi fondamentali che guidano l’approccio dell’ACT: accettazione (lasciar scorrere i pensieri e i sentimenti senza cercare di cambiare la loro forma),  la defusione (vedere i pensieri piuttosto che attraverso i pensieri), il Sé  come contesto (visione  di se stessi come il contesto in cui sono vissuti gli eventi), il contatto con il momento presente (attenzione non giudicante agli eventi che sperimentiamo), i valori (le direzioni scelte che guidano le proprie azioni), e l'azione impegnata (comportamento flessibile in direzioni dei valori scelti; Bach & Moran, 2008; Hayes et al, 1999;. Twohig & Hayes, 2008).

Wilson (Wilson et al 1996) fornisce un modello di esempio per l'intervento in sei fasi:

  • La prima fase consiste nell’evidenziare il contenuto dell’evitamento esperienziale, ovvero quando la persona cerca di alterare la frequenza o la forma di un pensiero o di una emozione dolorosa (Hayes, Luoma, Bond, Masuda, e Lillis, 2006);
  • la seconda fase mette in risalto l’inutilità dell’evitamento esperienziale come soluzione per risolvere il problema e la trappola linguistica che sottende l’ identificazione  di sentimenti, pensieri ed emozioni come problema da risolvere, si evidenzia come la “soluzione” non solo non risolve il problema ma lo aggrava;

  • la terza fase mette in risalto come la focalizzazione sull’evitamento esperienziale impoverisce la vita delle persone dati che i tentativi  di controllare i pensieri e le esperienze  dolorose fanno perdere di vista i veri valori che guidano l’esistenza;

  • la quarta fase  distingue il sé come contesto dai contenuti  che esso produce; la fase successiva consiste nell’invitare la persona a scegliere i valori che più lo rappresentano e ad indirizzare la propria vita, attraverso la messa in atto di comportamenti congrui,  in  direzione di questi valori (L’ACT  presuppone infatti l’impegno attivo come componente fondamentale, l’accettazione non è i interpretata come tolleranza ne tantomeno come passività);

  • Infine, il sesto passo consiste nell’impegno a rinunciare alla “guerra” con le proprie esperienze emotive per dedicarsi alle azioni concrete che  muovono in direzione dei valori scelti. l’ACT utilizza  metafore, paradossi, ed esercizi esperienziali che spesso assumono una connotazione giocosa e creativa.

L’intervento ACT, a seconda del contesto, può durare da pochi minuti a diverse sessioni e può essere integrato con altri approcci. L’assunto centrale che caratterizza l’impalcatura dell’ACT consiste nel ritenere che la sofferenze è incrementata dai tentativi delle persone di eliminare o controllare le  esperienze emozionali ( pensieri, emozioni, sensazioni  etc.) dolorose. Secondo
questa visione, l’evitamento esperienziale ha l’effetto paradossale di aumentare, in termini di frequenza, intensità e durata, i  “sintomi “ che si cerca di contrastare (EA; Hayes, Wilson, Gifford, Follette, e Strosahl,1996). In altri termini, l’ACT, attraverso il ricorso a metafore ed esercizi, cerca di “convincere” i pazienti della convenienza  a “mollare la corda”, ad accettare senza giudicare tutte le esperienze private e, cosa estremamente importante, di identificare obiettivi e valori autentici che possono arricchire la propria vita (Hayes 2005).

L’atteggiamento accettante  oltre a favorire  la riduzione della sofferenza si accompagna alla messa in atto di azioni impegnate congrue finalizzate al raggiungimento di scopi e valori personali. Questa parte “comportamentale”  della terapia rinforza ulteriormente l’atteggiamento accettante come modalità efficace per vivere una vita ricca di significato. In altri termini,  l’ACT promuove  una concezione dell’esistenza  dove,  nonostante il dolore e la sofferenza, considerati  imprescindibili dalla condizione umana,  è possibile vivere una vita soddisfacente e ricca di significato


ACT e Disturbi d' Ansia

Considerando  i principi che regolano l’ACT è apparso naturale sperimentare la sua efficacia in relazione ai disturbi d’ansia.  Una serie di studi  si è concentrata per testare l’efficacia dell’ACT in relazione a disturbi e contesti diversi.  Zettle (2003) ha  applicato ad  un campione di 24 studenti  universitari   che presentavano ansia d’esame  un trattamento dalla durata di 6 settimane che prevedeva  la desensibilizzazione sistematica o un protocollo ACT. L’esito del trattamento ha dimostrato una significativa riduzione dei sintomi d’ansia per entrambi i gruppi anche al follow-up a 2 mesi.

Nello studio di Campbell-Sills, Barlow, Brown, e Hofman (2006)   gli autori  si proponevano di comparare  le reazioni  psicofisiologiche dell’soppressione e dell’accettazione emozionale in un campione ( N =60)  di pazienti a cui era stato diagnosticato un disturbo d’ansia come la fobia sociale e il disturbo d’ansia generalizzato. I partecipanti del gruppo “accettazione”  sperimentarono meno emozioni negative, rispetto al gruppo “soppressione”, dopo la visione del film. Lo studio  in questione   ha verificato  come l’utilizzo della soppressione emozionale  sia una strategia inefficace nella gestione delle emozioni negative; paradossalmente, l’utilizzo della soppressione inasprisce l’intensita e la durata della sofferenza emotiva.
Disturbo d'Ansia Generalizzato

L’approccio dell’ACT al Disturbo d’Ansia Generalizzato è frutto del lavoro di Roemer e Orsilio (2002) che hanno cercato di migliorare il tradizionale trattamento cognitivo comportamentale  al disturbo integrandolo con tecniche di accettazione.  I presupposti teorici su cui si basa questo tentativo di integrazione si fondano sulla constatazione, supportata dalla letteratura, che le preoccupazioni  presenti nel disturbo d’ansia generalizzato rappresentino una forma di “evitamento esperienziale”  messe in atto, attraverso strategie di tipo superstizioso, per alleggerire la sofferenza interna.  Roemer e Orsilio ipotizzano che l’applicazione del modello ACT al Disturbo d’Ansia Generalizzato possa comportare una riduzione dell’evitamento esperienziale e quindi delle preoccupazioni; allo stesso modo, l’atteggiamento di accettazione dovrebbe ridurre gli effetti dei pensieri disfunzionali.  Un altro effetto positivo dell’ applicazione dei protocolli ACT al GAD  potrebbe essere rappresentato  dalla messa in atto di comportamenti finalizzati al perseguimento dei valori e degli obiettivi che sono stati identificati. Questo passaggio potrebbe segnare il cambiamento dal controllo delle esperienze personali al controllo della propria vita.


ACT e Fobia Sociale

Nonostante  l’efficacia della terapia cognitivo comportamentale nel trattamento della Fobia Sociale si ampiamente riconosciuta, alcuni autori (Dalrymple & Herbert, 2007)  hanno evidenziato come alcuni pazienti  trattati con CBT non sembrano ottenere grossi benefici sia in relazione alla perseveranza dei sintomi che alle limitazioni comportamentali  che ne compromettono la qualità della vita.  Un primo studio (Ossman, Wilson, Storaasli, e McNeill 2006) ha valutato l’applicazione di un protocollo ACT  della durata di 10 sessioni   in un campione (N= 20) di  pazienti affetti da Fobia Sociale.  In definitiva,  lo studio evidenzia come il miglioramento possa essere dovuto sia ad una maggiore propensione ad accettare le  esperienze interne negative  che all’impegno in comportamenti  relazionali funzionali al raggiungimento di obiettivi e valori autentici e personali.

Un secondo studio  (Dalrymple e Herbert 2007), metodologicamente meno rigoroso, ha valutato l’applicazione di un protocollo ACT
integrato al trattamento cognitivo comportamentale classico  della durata di 12 sedute   in un campione (N= 19) di  pazienti affetti da ansia sociale. Lo studio ha evidenziato  sia una significativa riduzione dei sintomi della fobia sociale che un miglioramento generale della qualità della vita. Gli autori sottolineano come un diverso atteggiamento nei confronti dell’evitamento esperienziale sia stato predittivo rispetto alla riduzione sintomatologica, in sostanza più i soggetti erano disposti ad accettare le  proprie esperienze interne  avversive più era marcata la riduzione dei sintomi della fobia sociale.

Questi studi, nonostante  le lacune metodologiche, confermano, da un ottica sperimentale, l’intuizione rispetto alla validità dell’applicazione dei protocolli ACT, integrati alla tradizionale terapia cognitivo comportamentale, nell’trattamento della fobia sociale. In sostanza, appare evidente che la disponibilità ad “accettare” le esperienze emotive negative e l’impegno a mettere in atto comportamenti finalizzati al perseguimento di valori e scopi personali autentici  si accompagna ad una significativa riduzione dei sintomi fobico sociali e ad un conseguimento miglioramento della qualità della vita.


ACT e Disturbo post-Traumatico da Stress

La letteratura clinica ha da sempre messo in evidenza come una delle caratteristiche centrali del disturbo  post-traumatico da stress (PTSD)  sia l’evitamento  attivo dei pensieri e delle emozioni correlate all’evento traumatico.  I pazienti affetti da (PTSD) mettono in atto tutta una serie di strategie finalizzate ad evitare non solo i luoghi e le  situazioni che possono evocare il trauma ( evitamento comportamentale), ma anche  le esperienze interne  avversive che si presentano sotto forma di ricordi, immagini, pensieri e, più in generale, emozioni dolorose.

Partendo da queste considerazioni Orsilio e Batten (2005) hanno proposto l’applicazione di protocolli ACT per il (PTSD) con lo scopo di aumentare la “disponibilità” dei pazienti ad accettare le esperienze interne negative ed aumentare, nello stesso tempo, l’impegno nei confronti di comportamenti attivi. Gli autori, analizzando la letteratura, mettono in evidenza come le strategie più efficaci nel trattamento del disturbo (lo Stress Inoculation Therapy(SIT), la Cognitive Processing Therapy (CPT) e la Eye Movement Desensitization and Reprocessing (EMDR)  siano tutte caratterizzate dall’accento posto sull’esposizione.
La Riproduzione è Riservata- Dr Gaspare Costa
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