Attacchi di panico: le Cause Principali - - Dr Gaspare Costa - 340/7852422 - Psicologo - Psicoterapeuta

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Attacchi di Panico

Quali sono le cause degli attacchi di panico?
a cura del Dr Gaspare Costa

Riconoscere ed identificare le cause che contribuiscono ad innescare ed alimentare gli attacchi di panico vuol dire poter arricchire, in un ottica di intervento e prevenzione, gli strumenti clinici necessari alla cura dell'ansia e degli attacchi di panico. La letteratura e l'esperienza clinica concordano nel ritenere che il primo attacco di panico è spesso preceduto da eventi stressanti significativi sia di natura psicologica che fisica. Attacchi di panico in persone serene e sicure di se, senza fattori stressanti di rilievo sono alquanto rari o, in ogni caso, meno frequenti. L'ansia è una risposta normale ma non scontata di entrambe le categorie di fattori stressanti.

L'intensità dell'ansia a seguito dello stress non sempre innesca un attacco di panico, mentre, al contrario, si possono avere attacchi di panico anche quando l'ansia è moderata e i fattori di stress poco evidenti. Perchè l'ansia ad alcuni scatena gli attacchi di panico e ad altri no? Per rispondere a questa domanda sono stati chiamati in causa lo Stress, le caratteristiche di personalità e l'iperventilazione.

  • Lo stress psicologico può essere rappresentato da eventi di vita quali possono essere separazioni, divorzi, lutti, licenziamenti, trasferimenti, problemi sentimentali, problemi finanziari, incomprensioni coniugali ma anche matrimoni, nascita di figli, promozioni e altri eventi correlati con un significativo aumento del senso della responsabilità ( importante fattore da approfondire in sede di terapeutica) e quindi dell'ansia, della tensione e dello stress.

  • Lo stress fisico può essere rappresentato da condizioni di esaurimento, affaticamento da eccessivo lavoro, abuso di droghe e alcol, scarso sonno, diete esagerate, ipoglicemia e varie altre condizioni cliniche.

  • Le caratteristiche di personalità, ovvero il modo abituale in cui normalmente ci comportiamo, proviamo emozioni ed interagiamo con gli altri, rappresenta il nucleo della nostra identità, ci dà continuità nel tempo e ci differenzia dagli altri. Le persone che soffrono di attacchi di panico spesso si descrivono come ansiose, sensibili, emotive, nervose, tendenti ad angosciarsi e a preoccuparsi eccessivamente. Le persone con queste caratteristiche presentano una vulnerabilità maggiore ad andare incontro ad attacchi di panico e, più in generale, a soffrire di disturbi d'ansia.
In particolare queste persone hanno la tendenza a rispondere agli eventi stressanti, sia di natura psicologica che fisica, con reazioni fisiologiche allarmanti sui cui focalizzano la loro attenzione. In sostanza queste persone quando si allarmano o si preoccupano sono più facilmente soggette a reazioni fisiologiche dovute all'ansia che, paradossalmente, vengono interpretate come ulteriori segnali di pericolo che, a cascata, possono provocare la crisi di panico.

Questa particolare predisposizione ad interpretare le comuni risposte fisiologiche dell'ansia attribuendovi valenze catastrofiche (infarto, svenimento, morte, impazzimento)  nota come Anxiety Sensitivity, un costrutto che misura la "sensibilità" nel modo in cui si interpretano le sensazioni fisiche dovute all'ansia.

La costante attenzione focalizzata sui segnali provenienti dal proprio corpo e dall'ambiente circostante favorisce la paura di un imminente attacco di panico. Facciamo un esempio per comprendere meglio il concetto, immaginiamo una persona che ha avuto il suo

primo attacco di panico durante una normale fila al supermercato (il contesto può riguardare allo stesso modo altri luoghi e situazioni come i mezzi pubblici, la guida, i luoghi affollati, i cinema etc.): all'inizio è probabile che questa persona, presumibilmente già stressata e con una elevata predisposizione all'ansia e alla preoccupazione, cominci a sentire alcune sensazioni interne che reputa allarmanti  ( il cuore che batte più velocemente, il respiro che diventa più faticoso, un dolore al petto, vampate di calore, sudorazione, senso di sbandamento etc.) che la spaventano ulteriormente.

L'interpretazione catastrofica di questi sintomi dell'ansia come infarto non fa altro che accrescere la minaccia e quindi di aumentare ulteriormente l'ansia finchè non si innesca una vera e propria crisi di panico con l'idea focale che è in atto un attacco di cuore. A questo punto la persona chiederà aiuto è probabilmente verrà portata al pronto soccorso dove, dopo gli esami di rito, gli verrà diagnosticato un "semplice" attacco di panico. E chiaro che questa persona, specie quando si troverà in contesti simili (file, posti affollati etc.), sarà comprensibilmente focalizzata su ogni minima sensazione del suo corpo alla ricerca di segni che possano anticipare il pericolo di un nuovo attacco di panico.

Il paradosso di questo meccanismo a circolo vizioso è rappresentato dal fatto che più la persona cerca sensazioni anticipatorie e più le trova ( focalizzazione selettiva), l'interpretazione di questi stati interni come pericolosi aumenta l'ansia di poter aver un imminente attacco di panico che, a sua volta, accentua i sintomi in una specie di profezia che si auto avvera.In conclusione, le persone con alcune caratteristiche come un eccesiva emotività, la tendenza a preoccuparsi o ad essere ansiosi, sono persone più vulnerabili alle situazioni stressanti e, in particolare, allo stress rappresentato dalla paura di potere avere un attacco di panico.

L'iperventilazione. Ci si focalizzerà ora su un aspetto rilevante della risposta di attacco o fuga nei problemi di panico e nell'agorafobia, cioè l'iperventilazione o eccesso di respirazione. L'iperventilazione peggiora i sintomi dovuti alle sensazioni prodotte dall'ansia. Si è visto che chi soffre di attacchi di panico con o senza agorafobia ha più paura di questi sintomi che della situazione che considera pericolosa, la paura della situazione o del luogo è infatti secondaria alla paura di avere un attacco di panico. L'iperventilazione ha la capacità di alterare il normale equilibrio tra ossigeno e anidride carbonica nel sangue.

L'equilibrio tra ossigeno e anidride carbonica è molto importante e viene mantenuta principalmente attraverso il ritmo e la profondità della respirazione. Il tasso adeguato di respirazione è di circa 10-14 respiri al minuto.Sebbene la respirazione è controllata automaticamente, essa può anche essere controllata volontariamente. Di conseguenza, il controllo volontario del respiro negli stati di paura e di stress può risultare alterato poichè serve più ossigeno per combattere o fuggire da una situazione percepita come pericolosa.

L'effetto più importante dell'iperventilazione è quello di produrre un calo di anidride carbonica e dunque una riduzione di questo elemento in proporzione alla quantità di ossigeno. Questo squilibrio porta alla costrizione dei vasi sanguigni in particolari aree del corpo e del cervello. L'effetto di questo disequilibrio comporta il fatto che non solo in alcune aree del corpo arriverà meno sangue ma rende anche più difficile che l'ossigeno contenuto in questo sangue sia liberato nei tessuti. Questa riduzione dell'ossigeno dovuta all'iperventilazione ha come conseguenza la manifestazione di sintomi molto simili a quelli dell'attacco di panico:
  • Senso di mancanza d'aria
  • Senso di testa leggera
  • Senso di stordimento
  • Senso di irrealtà e di stranezza del proprio corpo
  • Senso di irrealtà delle cose circostanti è Senso di confusione
  • Tachicardia, cuore che batte più velocemente
  • Sensazione di spilli o di formicolio alle mani, ai piedi e al viso
  • Rigidità muscolare
  • Mani sudate
  • Bocca o gola secca
Uno dei sintomi più angoscianti dell'iperventilazione è la sensazione di mancanza d'aria. Questo bisogno d'aria può spingere la persona a respirare ancora più velocemente peggiorando in questo modo la situazione. Se l'iperventilazione si protrae possono manifestarsi i seguenti sintomi aggiuntivi:
  • Sensazione di fatica a respirare
  • Sensazione di costrizione, di peso o di dolore al torace
  • Vertigini e Nausea
  • Paralisi muscolari
  • Aumento dell'apprensione e del senso di allarme, fino al terrore che qualcosa di terribile stia per accadere, per esempio un attacco di cuore, una emorragia cerebrale o persino la morte.
Si può notare come i sintomi dell'iperventilazione siano simili a quelli degli attacchi di panico e come sia semplice interpretarli
come segno della presenza di una grave malattia fisica. Chi li interpreta in questo modo diventa più ansioso, l'iperventilazione aumenta ed i sintomi, non solo persistono, ma peggiorano. Se l'iperventilazione rimane contenuta  non si ha un attacco di panico ma solo un prolungato stato di apprensione.

E' importante sottolineare che l'iperventilazione fa parte della risposta di attacco o fuga, è quindi parte di una normale risposta fisiologica non pericolosa; i sintomi relativi sono spiacevoli, fastidiosi e possono spaventare, ma non sono dannosi e scompaiono quando si smette di iperventilare. Nella terapia degli attacchi di panico lo psicoterapeuta cognitivo comportamentale può spiegare questi meccanismi e insegnare ai pazienti dei metodi di respirazione (respirazione diaframmatica) che hanno lo scopo di annullare i sintomi dell'iperventilazione e produrre uno stato di rilassamento.
La Riproduzione è Riservata- Dr Gaspare Costa
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